Uno degli studi che vengono effettuati nei progetti riguardanti il campo dell’ingegneria marittima è la previsione di come le strutture reagiscono all’azione del mare. In particolare, nel campo navale, quello che principalmente interessa è il comportamento della nave in mare in termini di forza resistente al moto. Questo perché, ai fini contrattuali con un eventuale armatore, si richiede che la nave (o qualsiasi altro tipo di imbarcazione) raggiunga determinate velocità.

 

L’obiettivo del progettista è quindi quello di stimare la resistenza idrodinamica per valutare se le forme di carena sono efficienti e per quindi prevedere la potenza da imbarcare sia in termini di motore che di propulsore.

 

Fino a qualche decina di anni tali analisi venivano effettuate esclusivamente tramite l’utilizzo di formule empiriche universalmente riconosciute come valide (ITTC, International Towing Tank Conference) e tramite prova in vasca.


Oggi siamo in grado di utilizzare metodi di previsione più evoluti grazie allo sviluppo esponenziale della tecnologia in campo informatico. Basti pensare che secondo un articolo di Dean R. Chapman un analisi su un profilo alare nel 1960 avrebbe richiesto un tempo pari a 30 anni ed un costo pari a 10 milioni di dollari, mentre la stessa analisi 20 anni dopo avrebbe richiesto mezz’ora e sarebbe costato qualche migliaio di dollari.

 

Quindi in cosa consiste la fluidodinamica computazionale? (o CFD dall’acronimo di Computational Fluid Dynamics) Consiste nel dividere in celle il volume attorno all’oggetto in esame e risolvere numericamente, attraverso modelli matematici più o meno evoluti, le equazioni del moto dette di Navier-Stokes.

 

Il primo passo è quindi quello di discretizzare il volume attorno all’oggetto, e questo può essere fatto in vari modi, utilizzando griglie strutturate (ogni cella può essere identificata univocamente nello spazio tramite degli indici i,j,k), non strutturate o ibride e con celle cubiche, tetraedriche o prismatiche. Volendo portare qualche dato, nel caso di analisi su un modello di nave in scala 1:20, affinché la griglia sia accettabile, il numero di celle si attesta attorno al milione.

La modalità di discretizzazione è direttamente collegata al modello matematiche che si vuole utilizzare per le equazioni di Navier-Stokes. Quello più utilizzato nel campo è il modello RANSE (Raynolds Averaged Navier Stokes Equation) che tratta in maniera smart i problemi di turbolenza.

 

Andiamo ad analizzare i pro e i contro della fluidodinamica computazionale:

 


PRO:

• possibilità di effettuare più volte la simulazione andando a cambiare semplicemente il cad del modello. Nel caso di prove in vasca, modificare il modello significa costruirne uno nuovo con relativi costi;

• nelle simulazioni di fluidodinamica computazionale vi è assenza di interferenza nelle prove come onde riflesse sulle pareti della vasca o vibrazioni del braccio trainante;

CONTRO:

• i conti più complicati, ovvero quelli che tengono conto della viscosità del fluido, richiedono computer ad elevate prestazioni con processori a decine di core (computer cluster);

• il costo computazionale può essere dell’ordine dei giorni se non delle settimane, dipende dal calcolatore a disposizione;

Al giorno d’oggi la fluidodinamica computazionale non sostituisce completamente le prove in vasca che rimangono ancora il metodo di previsione su cui si fa più affidamento. Tuttavia viene utilizzata per effettuare una scrematura delle forme di carena e del propulsore prima di andare in vasca così da essere sicuri di effettuare le prove su una modello quanto più prossimo alla nave finale, portando così un risparmio in termini di costo e di tempo.